CONSUMARE PALLIDO E ASSORTO

Il frigorifero è la più diffusa, economica e funzionante macchina del tempo. Al contrario del freezer, che fa subito pensare alla morte, il frigorifero tiene in sé la speranza che qualcosa si conservi e si sottragga innaturalmente ma quotidianamente alla consunzione. Il frigorifero rallenta un processo di decomposizione (che tuttavia si chiama vita). Inoltre, la contrazione dello spazio – come per chi viaggia alla velocità della luce – corrisponde a una dilatazione del tempo e così, nell’esiguo cassetto della frutta, le pesche durano più a lungo.

I frigoriferi di Julie Polidoro sono carte geografiche come, io credo, siano carte geografiche tutti i dipinti di Polidoro.  Le carte geografiche, come si legge, alla voce omonima, nel “Nuovo soggettario Thesaurus” della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze – sì, al plurale –, sono Rappresentazioni approssimate, ridotte e simboliche della superficie terrestre, o di una sua parte, su un piano, con lo scopo di farne conoscere l’aspetto fisico, le divisioni politiche, i fatti economici o altre caratteristiche, le condizioni storiche di un determinato periodo, etc., indipendentemente dalla scala utilizzata.

I frigoriferi di Polidoro – serie pittorica iniziata nel 2005 – non contengono solo cibi, essi sono macchine di memoria e di immaginazione (se c’è poi differenza). Ci si presentano aperti, in sezione, geroglifici quotidiani del contemporaneo. In “Frigo aperto da una bionda”, il contenuto del frigo è nascosto dal corpo di una donna che, di spalle, guarda all’interno, ed essendo nascosto, immediatamente, il contenuto si trova a essere desiderato. In “Frigo in cielo” ci sono aerei e nuvole, una famiglia di oche di Lorentz o di Nils Holgersson. In “frigo abitato I” stanno due angioletti come in una cappella giottesca, aureolati.

Nello spazio fisico del frigorifero, e nel tempo di conservazione che ciascun prodotto ha in sorte, ci sono dunque cibi, parole, lacerti, etichette, sirene e marchi noti (Vuitton, Apple, BMW, Sony), l’hard discount di passato e futuro, di memoria, conoscenza ed esperienza al quale ci serviamo. E che tutto trasforma in prodotto, pure gli affetti, pure le mitologie, pure le parole che finiscono, immote, nella loro funzione di etichetta, e che, immobili, disegnano una costellazione dalla quale ciascuno può estrarre – d’altronde il portellone del frigorifero è aperto – un vaticinio o almeno un oroscopo. Le etichette recitano, a memoria o, per meglio dire, con beneficio d’inventario, “Tempo”, “privato”, “spazio pubblico”, “i nostri corpi” – più di una volta –, “invisibile”, “territori sconosciuti”. Nei Frigoriferi di Polidoro ci sono anche (soprattutto?) cose che non possono essere comprate ma solo consumate.

Ci sono anche un paio d’occhi, una mucca intera, ali(a), una giungla su fondo rosa, una maschera, un ventaglio e un mappamondo. Il frigorifero, nella commedia politica di dimenticanza, consumo e mutamento – non generali astratti ma particolari concreti, perché tutti abbiamo esperienza e presenza del frigorifero –, dipinta da Polidoro rispetta le tre unità aristoteliche, di luogo, di tempo e di azione. Le prime due sono costitutive. L’unità di luogo è il frigorifero, l’unità di tempo è l’intervallo di conservazione. L’ultima, l’unità di azione si ristabilisce ogni volta che l’osservatore sta davanti alla tela perché, come davanti a un frigorifero aperto e sconosciuto, egli comincia un’educata, forse silente, elencazione (ce l’ho, non ce l’ho), un gesto di puro e infantile nominalismo, e finisce a ritrovarsi nel ruolo e nella postura dell’indiscreto.

Se come osservava Simone Weil, il fondamento della mitologia è che l’universo è metafora delle verità divine, è possibile dire, con allegra certezza, che il fondamento della quotidianità è che il frigorifero è metafora delle verità umane. E le verità umane scadono.

 

Chiara Valerio (Scauri, 1978) vive e lavora a Roma. Ha scritto romanzi, saggi e racconti, collabora con quotidiani e riviste. Per la casa editrice nottetempo dirige la collana narrativa.it ed è uno dei curatori di Ad alta voce di Rai Radio 3. Il suo ultimo romanzo è Storia umana della matematica (Einaudi, 2016).